Le cause della crisi dei chip sono numerose, una situazione difficile da gestire e un’emergenza che potrebbe durare ancora a lungo
Un circuito integrato, in elettronica digitale, è un circuito elettronico miniaturizzato dove i vari transistori sono stati formati tutti nello stesso istante grazie a un unico processo fisico-chimico. Un chip è il componente elettronico composto da una minuscola piastrina del wafer di silicio, a partire dalla quale viene costruito il circuito integrato, in pratica, il chip è il supporto che contiene gli elementi attivi o passivi che costituiscono il circuito.
La mancanza di silicio nei cervelli elettronici
Secondo il rapporto del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti, a causa della crisi del silicio 2022, che molto probabilmente si protrarrà anche per il 2023, la carenza dei semiconduttori sarà sempre più evidente con gravi ripercussioni in tutti i settori che utilizzano questi componenti. Tutto il settore dell’elettronica, quindi computer, cellulari, telecamere e macchine fotografiche, il comparto automobilistico fino alla produzione di tessere magnetiche come bancomat, carte di credito e tessere sanitarie, stanno risentendo della gravissima situazione con ritardi molto pesanti nelle consegne. Questo ha messo in ginocchio ogni azienda colpita dalla crisi poiché non rimane più alcun margine di errore, e qualsiasi ritardo creerebbe un effetto domino che graverebbe sull’intera azienda, portando anche al fallimento. L’ultimo segnale di una crisi senza precedenti arriva inevitabilmente da Taiwan dove la “caccia al tesoro” dei microchip sta diventando sempre più difficile e cara. Il colosso dei chip Tsmc, leader mondiale, ha appena pianificato di aumentare i prezzi fra il 10% ed il 20%, vista la domanda in crescita e l’offerta in picchiata. E questo inevitabilmente porterà a un sensibile ritocco del prezzo del prodotto finale per il consumatore.
I perché di una crisi
Il chip shortage, ovvero la crisi dei chip, è emerso nel corso degli ultimi anni aggravandosi durante la pandemia di Covid-19, mettendo in ginocchio l’intero settore. La chiusura forzata da parte dei governi per il lockdown ha ovviamente lasciato gli operai a casa per scongiurare il rischio di contagio. Alla ripartenza delle linee di produzione c’è stato un incremento fortissimo della domanda mettendo sotto pressione le forniture di semiconduttori. Infatti, se gli operai della linea di produzione dei semiconduttori erano costretti a casa o a turni di lavoro ridotti, il COVID ha provocato un nettissimo aumento del lavoro in smart working e della digitalizzazione, portato a una domanda di dispositivi elettronici cresciuta in modo esponenziale. Insomma è stato come avvitarsi su stessi. Uno dei comparti che sta risentendo più di tutti la carenza dei chip è quello automobilistico, i microchip, infatti, sono componenti essenziali per le auto, in quanto servono per comandare tutti i sistemi elettronici dei veicoli.
Che cosa ci riserva il futuro
Ogni un veicolo dispone di centinaia di microchip, con un numero più elevato sulle auto elettriche di nuova generazione. Le case automobilistiche, però, hanno da sempre adottato un approccio incentrato sul risparmio dei costi, per far fronte ai bassi margini di profitto del settore, puntando spesso su chip di bassa qualità e un approvvigionamento quasi in tempo reale. La produzione non riesce più a stare dietro alla domanda e da qui l’invitabile ingolfamento con ritardi nelle consegne delle vetture arrivate a sfiorare l’anno di attesa. Le grandi case automobilistiche soprattutto quelle americane stanno cercando di correre ai ripari, ma sono gli stessi produttori dei microchip a spegnere qualsiasi speranza, per loro infatti, la carenza di chip potrebbe anche andare oltre il 2023 anzi, ci potrebbero volere addirittura tra i 2 e i 4 anni per risolvere questa situazione.